Dall’Africa al balcone di Eduardo de Filippo passando per le Mille e una notte. Passo dopo passo, il percorso storico e geografico del Caffè attraverso storie, racconti, miti e leggende. La strada che ha percorso il caffè per arrivare fino a noi è lunga, complessa, ammantata di leggenda, e come tutte le strade, tocca luoghi, persone e avvenimenti molto differenti nell’arco di qualche migliaio di anni.
L’origine stessa della parola “caffè” è alquanto controversa e dibattuta tra coloro i quali sostengono che derivi dal turco “kahve”, a sua volta preso a prestito dal nome arabo di una bevanda stimolante chiamata “qahwa” identificata anche col vino, e gli altri che più prosaicamente, attribuiscono l’origine della parola alla città di Kaffa, nel sud ovest dell’Etiopia, dove pare che la pianta del caffè crescesse spontaneamente.
Se ancora esistono controversie sul nome, potete immaginare come la scoperta delle proprietà del caffè sia il regno dei “si dice” e dei “sembra che”. Alcuni, per esempio, suffragati dal celebre gastronomo Pellegrino Artusi e dal suo celeberrimo manuale di cucina, parlano di origini Yemenite; in particolare della città di Mokha che siamo certi vi ricordi qualcosa ed è da qui che parte uno dei principali miti sulla scoperta della bacca che conquisterà il mondo.
Si narra infatti che, esiliato da Mokha per cause imprecisate, un pastore si trovasse a vivere in zone particolarmente inospitali e per salvare il suo gregge ormai allo stremo delle forze, lo nutrì con quelle bacche rosse, che sarebbero state poi conosciute come caffè. Gli animali ne ottennero immediato vigore, energia e benessere e grazie ai benefici della sua scoperta, presto estesa anche alle persone, ricevette il perdono della città da cui era stato esiliato. Facendo una sintesi tra Storia e Mito possiamo dire che il caffè, già nel decimo secolo dopo Cristo, cresceva naturalmente ed era conosciuto negli altopiani occidentali dell’Etiopia, ma fu nello Yemen che si cominciò a coltivare e usare nella forma che conosciamo.
Ed è proprio la città yemenita di Mokha, che abbiamo già nominato, che contribuisce alla diffusione della straordinaria bevanda attraverso il suo grande porto commerciale. È qui che il caffè prende a prestito l’arabo per il suo nome e che inizia a diffondersi per uno di quei fattori che influenzano la Storia nei secoli: la Religione.
Fu infatti il Corano a proibire il vino e il caffè arrivò a sostituirlo come piacevole bevanda da offrire e degustare. I pellegrinaggi dei dervisci e dei monaci Sufi nei territori tra Etiopia, Yemen e Persia e il loro utilizzo del caffè in alcuni rituali religiosi fecero il resto. Fin qui abbiamo spiegato la diffusione nel mondo arabo; ma come ha fatto il caffè ad arrivare in Europa? È con le guerre di conquista che il caffè dà un’accelerata alla propria diffusione. Gli inquieti turchi dell’Impero Ottomano infatti pensano bene di prendersi lo Yemen e già che ci sono decidono di fare lo stesso con l’intero Nord Africa, il Medio Oriente e un bel pezzo di Europa. Costantinopoli, la Istanbul di oggi, nel sedicesimo secolo è il centro del mondo, cosa a cui era già avvezza dai tempi in cui era la capitale dell’Impero Romano, prima della scissione tra quello d’Oriente e d’Occidente. E cosa caratterizza una capitale, oltre ad architettura e monumenti, se non i locali? A Costantinopoli iniziano a nascere una dietro l’altra una serie di “botteghe del Caffè”.
E dove non arriva l’Impero Ottomano con le sue conquiste, arrivano i mercanti veneziani che assaggiano il caffè e capiscono che ci si possono guadagnare delle vere e proprie fortune senza neanche bisogno di fare le Crociate come fu per le spezie. Superata un’iniziale diffidenza della Chiesa Cattolica per la “bevanda del Diavolo”, il caffè viene sdoganato e preparato per essere servito in tutti i salotti della Cristianissima Europa con il beneplacito di Papa Clemente VIII che lo annusa e decide che se veramente il caffè venisse dall’Inferno saprebbe di zolfo e non avrebbe quello splendido aroma. È quindi davanti a un caffè che Musulmani e Cattolici iniziano a trovare qualche punto in comune. Il commercio del Caffè inizia a prosperare e i veneziani iniziano a portarlo anche lungo la via delle Spezie. Non è un caso che Venezia, porto di sbarco del caffè per tutta Europa, si ritrovi ad essere anche la prima città europea ad ospitare una bottega del caffè inaugurandola proprio a Piazza San Marco.
Il caffè prospera e con lui prospera l’Impero Ottomano che ne ha praticamente l’esclusiva. Ma dove non poterono i Veneziani riuscirono gli Olandesi; agli inizi del diciassettesimo secolo Pieter Van der Broeke, avventuriero e mercante olandese riesce a prendere alcune piantine proprio a Mokha durante uno scalo della sua nave che si era fermata, ironia della sorte, per rifornirsi di caffè e le porta a Giava in Indonesia, facendo così un grande favore agli Indonesiani ma soprattutto alla Compagnia delle Indie che lo porterà anche ad Amsterdam, per tenerlo in serra e rifornire di piantine anche altri paesi.
Le botteghe di caffè iniziano a diffondersi in tutta Europa e negli anni a cavallo tra il Seicento e il Settecento, infiamma le voglie e gli animi di tutti i sovrani e di quelli tra i loro sudditi che se lo potevano permettere. Nel frattempo infatti i Turchi diffondevano la loro bevanda straordinaria con la guerra, come nell’assedio di Vienna da cui si ritirarono lasciando il caffè che qualche anno dopo avrebbe aiutato i Viennesi a mandare giù la Sacher Torte, o con la diplomazia, come accadde con il dono del caffè da parte del sultano ottomano al Re di Francia che ne diventò grandissimo estimatore e fautore. Dai Caffè intesi come bottega ai Caffè Letterari il passo è breve e il “secolo dei lumi” è anche il “secolo della caffeina”. Ci si potrebbe anche azzardare a dire che l’Illuminismo, oltre che contemporaneo potrebbe addirittura essere stato causato dalla caffeina, visto che Voltaire pare ne bevesse una quarantina al giorno al Cafè Procope a Parigi. E se gli intellettuali francesi trovano stimolo e compagnia nei Caffè di Parigi, i più grandi businessmen del mondo, a Londra trattano i loro affari davanti a una tazza di caffè alla Lloyd Coffee House, aperta sul finire del Seicento e luogo elettivo per gli incontri tra mercanti, armatori e assicuratori.
L’Italia non resta certo a guardare e negli anni successivi vengono aperti una serie di Caffè la cui storia ha ormai quasi tre secoli; solo per citarne alcuni tra i più noti: Il Caffè Greco di Roma, Il Florian di Venezia, Il San Carlo a Torino. Anche l’Arte, nello stesso periodo, non resta a guardare: Johann Sebastian Bach in Germania fa una “fuga” temporanea dalla musica sacra e compone “La Cantata del Caffè”. In Italia è il celebre commediografo Carlo Goldoni a usare La Bottega del Caffè come titolo e come ambiente d’elezione per la sua nota commedia imposta nel 1736. Infine nella seconda metà del ‘700 viene fondata la rivista letteraria “Il Caffè”: un omaggio ai contemporanei Caffè illuministi parigini e alla bevanda che ormai si era diffusa presso tutte le capitali d’Europa.
Nel secolo successivo il caffè si diffonderà in Italia fino a diventare la bevanda “italiana” per eccellenza con il doppio primato commerciale di Trieste e Torino.
Anche il Nuovo Mondo, ossia l’America, si innamorerà della nuova bevanda che arriva fin lì grazie a quello che nel biliardo chiameremmo un abile “gioco di sponda”. Una delle piantine portate da Giava all’Olanda finisce infatti nel Suriname, allora dominio olandese, nel 1718 e un’altra proveniente da Parigi approda invece in Martinica. Dai due paesi d’arrivo il caffè si diffonde ad Haiti, nella Guiana francese, in Giamaica, a Cuba e a Portorico per poi arrivare in uno dei paesi che tutt’ora ne ospita immense piantagioni: il Brasile.
Alla diffusione del caffè e all’espansione delle sue piantagioni contribuì un fattore che caratterizzò tutto il nuovo continente per circa un secolo e mezzo: la manodopera a buon mercato data dall’utilizzo di schiavi.
Africa, Medio Oriente, Europa, Estremo Oriente, Sudamerica. Ecco il viaggio che il caffè ha fatto in soli due secoli per arrivare a ristorare tutto il mondo, ed essere coltivato, nelle sue differenti varietà, su una decina di milioni di ettari di terreno in circa 65 paesi a clima prevalentemente tropicale.