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LA PRODUZIONE

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Mesi di lavoro per qualche secondo di delizia. Tutto quello che occorre fare e sapere per partire da una bacca e arrivare al profumo di caffè tostato.

La doverosa premessa è che a fronte di un immenso numero di varietà, esistono solo due specie di caffè degne di nota: la Coffea Arabica, più pregiata e la Coffea Canephora detta Robusta, meno pregiata ma più resistente alle malattie e più facilmente coltivabile.

La Robusta inoltre riveste una certa importanza nelle miscele di caffè per le sue caratteristiche di “corpo” e contenuto di caffeina, pari più o meno al doppio dell’Arabica.

Come abbiamo visto, la pianta del Caffè, da brava creatura dei Tropici, cresce attorno alla cintura equatoriale in diversi paesi del mondo, ama l’altitudine, i climi caldi e umidi e le piogge abbondanti.

In particolare, i migliori caffè nascono ad altitudini parecchio elevate e su terreni vulcanici ricchi di azoto. Il profumo della pianta in periodo di fioritura assomiglia al gelsomino e le sue bacche, tecnicamente chiamate “drupe” sono simili a piccole ciliegie.

A meno che non si sia incredibilmente pigri, e quindi veramente bisognosi di caffè, non si può certo aspettare che le drupe si stacchino dalla pianta da sole; quindi il caffè dovrà essere raccolto scegliendo uno dei due differenti metodi: la raccolta manuale selezionata o “picking” e la raccolta indifferenziata o con le macchine detta “stripping”.

La differenza tra i due metodi è lampante: con il picking si sceglieranno unicamente le drupe mature ma occorreranno più tempo e più lavoratori; con lo stripping si sceglierà un momento di maturazione media per tirare giù tutte le drupe con una sola passata risparmiando tempo e denaro.

Proprio come nella vita anche quello che succede dopo è questione di scelte. Infatti, per estrarre i semi dalle drupe raccolte potremo scegliere fra tre metodi differenti: lavato, semi-lavato, naturale.

Partiamo dal sistema che, secondo gli esperti, è il migliore nonché di gran lunga il più costoso: per via umida.
Le drupe, dopo essere state raccolte, vengono “spolpate” da un apposito macchinario; dopo, vengono messe a fermentare per un periodo che va dalle 24 alle 48 ore in grandi vasche di contenimento, infine vengono essiccate in pergamino, al sole o attraverso essiccatori meccanici. Il caffè così derivato viene chiamato lavato o “washed” all’anglosassone.

Questo sistema è tipicamente usato in America Centrale e in Africa Orientale. I caffè così ottenuti tendono ad avere un sapore delicato e aromatico se di specie Arabica e forte e con un sentore di cioccolato nel caso della Robusta.

Il semilavato o “semi-washed” è invece un metodo sviluppato una ventina d’anni fa in Brasile e consiste nel saltare un passaggio rispetto al sistema precedente; le drupe, in questo caso vengono private della polpa con speciali spolpatrici ad acqua e poi messe direttamente ad essiccare in pergamino. Il processo mantiene le caratteristiche del “naturale” ma ha il vantaggio di una ulteriore selezione del caffè prima del confezionamento e un forte risparmio idrico.

Il metodo “naturale” infine, prevede che le drupe vengano lasciate essiccare al sole per due o tre settimane. Quando buccia, polpa e semi sono completamente asciutti una macchina decorticatrice frantuma meccanicamente le drupe per liberare i semi che vengono misurati e selezionati. Il risultato di tutti i metodi è il “caffè verde” che, messo in sacchi di juta e caricato sui container inizierà il suo viaggio verso le torrefazioni, dove verrà ulteriormente lavorato e trasformato diventando il prezioso chicco bruno che tutti conosciamo.









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